La vita e i calci di rigore emotivi
Era il 1994 quando il grande Baggio sbagliò il rigore della finale dei Mondiali generando in tutti una profonda delusione. Eppure quell’errore fu indirettamente un insegnamento importante: tutti possono sbagliare, anche i migliori, anzi io aggiungerei soprattutto i “migliori”.
Il calcio di rigore dei Mondiali è simbolicamente quello stato psichico in cui ci si sente che dalla propria azione dipenderà il successo o il fallimento di una situazione personale, relazionale, lavorativa, sessuale. Non solo. È uno stato psichico in cui si percepisce molto intensamente l’aspettativa dell’altro, il suo sguardo puntato. E ancora è uno stato psichico in cui l’azione genera un effetto irreversibile, o la va o la spacca insomma.
Tutto questo è il calcio di rigore emotivo, l’emblema dell’attivante dell’ansia da prestazione.
Ci si sente di non poter sbagliare, che tutti si aspettano il successo, che da quell’azione dipenderà l’acclamazione o la condanna spietata.
Il timore del fallimento è tale che si può generare il meccanismo della profezia che si autoavvera. L’ansia cresce velocemente e l’errore è molto probabile.
Ma esiste un segreto per non sbagliare?
E perché sono i “migliori” a sbagliare di più i calci di rigore?
È impossibile non sbagliare, ma più siamo schiavi dell’angoscia del fallimento più saremo preda di una massiccia ansia da prestazione che ci condurrà più facilmente all’errore.
La vita e i calci di rigore emotivi
Accettare di poter sbagliare, questo è il segreto!
Se accetto di avere dei limiti, sarò meno spaventato dal fallimento. Accetterò di vincere e di perdere con la consapevolezza che se cado posso rialzarmi e che se perdo posso ricostruire. Attenzione non parliamo di pensiero magico in cui nego e cancello il fallimento o vivo tutta la vita con il bisogno di dimostrare a me e agli altri che non sono solo quello che ha sbagliato. Parliamo piuttosto di consapevolezza delle proprie qualità e dei propri limiti e di possibilità di ricostruirsi e riscattarsi anche dopo aver perso o sbagliato.
Aver fatto esperienza dei propri limiti, aver imparato ad accettarli e ad accettarsi in tutte le sfumature, aver sperimentato di perdere è la base della resilienza rispetto ad eventuali fallimenti.
Ecco allora la questione dei cosiddetti “migliori”!
Chi infatti non ha mai fatto esperienza dell’errore, sarà più spaventato dello stesso, rischia di sviluppare una fobia del fallimento e di sentirsi perseguitato da questo rischio.
Spesso sono anche persone idealizzate dagli altri che portano su di sé il peso dell’aspettativa irrealistica altrui.
Deludere gli altri diventa allora un ulteriore fonte di angoscia soprattutto quando la costruzione di una immagine di sé mitica e mitizzata nasconde in fondo delle insicurezze e delle paure di non essere amabili.
L’ansia da prestazione a quel punto nasconde una più profonda convinzione disfunzionale che solo se si è perfetti si potrà essere amati.
Per parlarne con la Dott.ssa Roberta Calvi
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