Per essere felici bisogna essere mediocri?
A volte se ci soffermiamo a guardare la nostra vita percepiamo che in fondo è solo la brutta copia di ciò che ci aspettavamo. Una mediocre esperienza rispetto ai sogni magici, alle fantasie prospettate, alle fiabe di principi e principesse.
E a quel punto ci sembra di dover accettare che in fondo ciò che pensavamo fosse una possibilità reale è solo un sogno di gloria. Una fantasia ad occhi aperti, una visione magica idealizzata. Ecco la la beffa oltre al danno!
Un profondo senso di ingiustizia e impotenza ci può allora invadere.
Sopraffatti da una vita che non volevamo, con lo stesso cocktail di sofferenza e rabbia di un bambino che non ha trovato il regalo che si aspettava sotto l’albero di Natale, ci trasciniamo nella quotidianità rassegnati. Ma senza realmente aver abbandonato quel pensiero magico del “forse un giorno chissà”. In fondo l’ideale permane ed esercita una pressione psichica sul reale alterandone inevitabilmente la percezione e la valutazione.
Come facciamo ad accettare il disincanto senza sentirci depressi o perseguitati da un destino ingiusto, mantenendo una fiducia nella vita , una voglia di vivere al meglio e godendo a pieno di ciò che abbiamo?
Oggi questa è la domanda esistenziale della nostra società. Questo è spesso il sottofondo di un percorso terapeutico dei giorni nostri.
Ogni sofferenza è sempre incarnata in un soggetto inserito in un contesto.
E in un’epoca in cui possiamo avere tutto e sempre di più come possiamo accettare la frustrazione e il disincanto senza sentirci annichiliti?
O tutto o niente, o perfetto o scadente!
E così la nostra vita sarà sempre mediocre schiacciata dal peso di ciò che dovrebbe essere e non è.
Ma è proprio questo assoluto, figlio del senso di onnipotenza dell’epoca postmoderna a nevrotizzare l’individuo.
Perché se tutto ciò che abbiamo lo confrontiamo con ciò che vogliamo sarà sempre non sufficiente.
Se tutto è possibile, se tutto è raggiungibile, se tutto è conquistabile, se non esistono limiti o quando ci sono si viene esortati a superarli, è inevitabile arrivare prima o poi a sentirsi sopraffatti da un senso di grave e intensa mediocrità.
Per essere felici bisogna essere mediocri?
Per godere appieno di ciò che abbiamo, per poter essere soddisfatti della vita in tutte le sue contraddizioni e complessità, per essere in pace col proprio corpo che cambia e invecchia, per giocarsi tutte la partite contenti di farlo al di là del risultato, bisogna cambiare gli standard assoluti che abitano la nostra psiche.
Il nostro ideale dell’io , quella parte della nostra psiche che rappresenta la propulsione al miglioramento e all’evoluzione del sé verso ciò che desideriamo essere, è intossicata da un inconscio collettivo che fa dell’onnipotenza, della perfezione, dell’illimitato lo standard base (e omologante) da raggiungere.
Curare questa parte delle psiche è necessario per stare bene. Non si tratta di accontentarsi al ribasso, ma di placare un sistema psichico impazzito che, nel tentativo di migliorare il sé, in realtà lo annichilisce e lo distrugge.
La nostra società appare così narcisisticamente fragile da non riuscire a tollerare nessuna ferita narcisistica. In una società in cui il limite è fonte di angoscia e sofferenza è ovvio che per sentirsi bene ciascuno combatte l’essenza stessa dell’umano, la sua inevitabile vulnerabilità e imperfezione.
Ma ciò che deve fare il soggetto per stare bene è accettare e curare la ferita, non cercare di fare di tutto per evitare inutilmente di farsi male.
Per essere felici bisogna dunque essere mediocri?
Niente affatto! Ma per poter essere felici occorre accettare di essere umani, imparare a perdere e a non essere invincibii, superare il tutto/niente e il tutto e subito, attraversare momenti di noia e di vuoto, accettare quote di insicurezza e di paura, riconoscere di poter sbagliare e fallire.
Più vogliamo tutto, più non avremo niente.
Per parlarne con la Dott.ssa Roberta Calvi
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