
Come riconoscere una relazione tossica?
Oggi si sente spesso parlare di relazioni tossiche. Ma cosa le rende tali e come si fa a riconoscere se una relazione è tossica?
Il rischio infatti a volte è di utilizzare questa dicitura come un gran calderone in cui buttare tutto dentro, senza realmente poi riuscire a definire dei confini chiari che consentono alle persone di riconoscere e identificare se ciò che stanno vivendo può essere una relazione patologica che richiede un supporto ed un intervento clinico.
Tutte le relazioni sono faticose e possono presentare dinamiche di interazione complesse e talvolta anche rischiose per la salute dei singoli o per la tenuta stessa dei legami, tuttavia non per questo possono essere tutte definite tossiche.
Quando parliamo di relazione tossica infatti parliamo di una dipendenza affettiva, in cui ricordiamolo entrambi i partner sono co-dipendenti e contribuiscono ad alimentare la relazione disfunzionale.
Per comprendere la relazione tossica utilizziamo il modello del triangolo amoroso che consente facilmente una lettura e una comprensione anche alle persone che non hanno competenze psicologiche.
Il triangolo amoroso ci dice che in una relazione di dipendenza affettiva ovvero una relazione tossica i partners non sono mai “alla pari”, non sono mai in una dimensione simmetrica, ma sono sempre sbilanciati in ruoli che possono essere fissi e statici, ma anche dinamici sebbene non sia mai possibile uscire dai poli del triangolo.
I poli del triangolo sono i ruoli di “vittima”, “carnefice” e “salvatore”. Come funzionano?
I due partner che sono in una relazione tossica possono essere o nella dinamica vittima-carnefice o nella dinamica vittima-salvatore transitando anche da un ruolo all’altro.
Nella dinamica vittima-carnefice troviamo le dinamiche classiche di patriarcato, violenza fisica o psichica, gaslighting, sottomissione e asservimento; ma anche il rovesciamento della stessa dinamica come nelle situazioni di vittimismo, paternalismo, manipolazione subdola, atteggiamenti passivo-aggressivi dove l’apparente vittima è in realtà il vero carnefice.
Vediamo già che in questa polarità vittima-carnefice troviamo tante possibilità di relazioni tossiche.

Come riconoscere una relazione tossica?
Anche nelle coppie non dipendenti possono esserci momenti di interazioni tossiche o stili comunicativi talvolta tossici, ma per poter definire una relazione come dipendenza affettiva queste dinamiche devono essere totalizzanti, mantenendo sempre la coppia in una forma di asimmetria.
L’altra dinamica tossica è quella vittima-salvatore che appare più sottile e sfumata, tanto che spesso è meno riconoscibile da chi la vive.
Si tratta di una dinamica relazionale in cui uno dei partner è fragile e bisognoso e l’altro incarna il ruolo del missionario, del soccorritore, dell’infermiere, dello psicologo, ovvero tutti quei ruoli tipici delle relazioni di aiuto.
Il problema di questa dinamica è che la coppia resta statica e la persona “bisognosa” e fragile (spesso con problemi psichici) non potrà mai evolversi da questa condizione perché il partner ha bisogno di qualcuno da curare e/o accudire.
Si viene a sviluppare una relazione del tipo genitore-figlio in cui i ruoli non sono intercambiabili. Anche in questo caso è possibile che una coppia anche non tossica attraversi una fase o un periodo in cui si sviluppa una dinamica asimmetrica di questo tipo, tuttavia quando la relazione è tossica questa dinamica si cristallizza e non si evolve. La vittima deve rimanere “malata” per alimentare la funzione di cura del salvatore.
Queste dinamiche vittima-salvatore-carnefice possono anche modificarsi nel tempo con inversioni di ruolo, ma lo ripetiamo la relazione può essere definita una dipendenza quando l’asimmetria tra i partners è sempre presente.
Le relazioni di dipendenza come tutte le dipendenze possono solo degenerare pertanto se ci si riconosce in una dipendenza affettiva è sempre consigliabile farsi aiutare e supportare.
Per parlarne con la Dott.ssa Roberta Calvi
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